Ripensare a come vivremo nel post Covid-19 ci mette davanti a un bivio: ripristinare il vecchio sistema economico fondato su attività inquinanti e distruttive che hanno avvelenato noi e il Pianeta, o porre le basi per consegnare alle future generazioni un mondo verde e pacifico? #greenpeace non ha dubbi in proposito. Ecco quello che siamo andati a dire al Governo Conte.
La pandemia da #covid19 deve essere presa come un importante segnale d’allarme nello stato dei rapporti tra uomo e natura. Come abbiamo già scritto, c’è evidenza scientifica di una correlazione tra l’aumento dei casi di “salto di specie” di virus da animali all’uomo e la distruzione della natura. E rischi anche più importanti sono legati all’emergenza climatica: a parte gli effetti diretti del riscaldamento globale, infatti, gli scenari realizzati dai climatologi mostrano sia un progressivo ampliamento dell’areale di diverse patologie infettive, sia il potenziale riemergere dallo scongelamento dei ghiacci di agenti patogeni antichi.
Per reagire agli effetti economici della pandemia in atto, l’Europa sta mettendo in campo risorse economiche come mai prima ed è essenziale che gli investimenti per la ripartenza, oltre che a sostenere il sistema sanitario, vadano nella direzione di uno sviluppo più sostenibile e giusto. La ripartenza dopo il Covid-19 è un’occasione storica che ci mette davanti a un bivio: ripristinare il vecchio sistema economico fondato su attività inquinanti e distruttive che hanno avvelenato noi e il Pianeta, o porre una volta per tutte le basi per consegnare alle future generazioni un mondo verde, sicuro e pacifico?
Noi non abbiamo dubbi in proposito ed è quanto abbiamo detto al Presidente del Consiglio durante gli Stati Generali delle settimane scorse, quando ha ricevuto #greenpeace insieme alle altre organizzazioni ambientaliste. Le proposte #greenpeace, che abbiamo presentato a Giuseppe Conte, seguono quattro priorità.
Per raggiungere questi obiettivi bisogna operare diversi cambiamenti. Si tratta di modificare la logica della produzione energetica e di investire anche sulla rete elettrica e sugli accumuli per gestire quote crescenti di solare ed eolico, che sono fonti intermittenti. Allo stesso tempo è necessario sveltire le procedure burocratiche che di fatto sono oggi il principale ostacolo che ferma il settore delle energie rinnovabili. Per fare ciò è necessaria anche una convivenza tra fonti come il solare e attività produttive in campo agricolo (le tecnologie lo permettono), e un forte sviluppo delle “comunità energetiche”: cittadini che mettono assieme la propria produzione per alimentare, con le opportune norme, il territorio circostante. Infine, mettere fine a stupide opposizioni – come quelle contro le pale eoliche – che finiscono col favorire le fonti fossili che invece vanno progressivamente eliminate.
Allo stesso tempo, è necessario investire sin da oggi nella seconda fase della decarbonizzazione quando sarà necessario utilizzare su larga scala combustibili come l’idrogeno prodotto da fonti rinnovabili. Oggi, infatti, per produrre idrogeno si usa il gas naturale – cioè un combustibile fossile – ma è possibile sviluppare le tecnologie per realizzarlo a partire da elettricità rinnovabile e acqua. Ci sono già investimenti in questa direzione in Europa ed è necessario iniziare da subito a costruire un elemento tanto importante per un futuro verde e sostenibile.
Probabilmente vi chiederete se questi punti non siano un libro dei sogni, una bella utopia ma non realizzabile. Perseguire sogni di cambiamento è parte integrante della storia di #greenpeace. Per rimanere a un esempio recente e italiano vorrei ricordare il successo della Campagna Detox di #greenpeace presso il settore tessile italiano, e non solo. Molte aziende, infatti, si sono impegnate a eliminare sostanze e processi inquinanti dai propri prodotti, aiutate da un Consorzio nazionale che ha sede presso il distretto industriale di Prato. Abbiamo invitato il Presidente Conte a considerare questa esperienza come un esempio di rilancio di una “competitività sostenibile” in un settore fondamentale per l’export italiano. A dimostrazione ancora una volta che tra ambiente e sviluppo non c’è contraddizione.
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